Rete Imprese Italia formula delle proposte per una riforma equa ed utile al Paese
“La riforma del mercato del lavoro è una partita da giocare a carte scoperte. Vogliamo chiarezza e trasparenza sui numeri e sulle risorse a disposizione dei diversi settori”.
Un messaggio forte e chiaro quello lanciato da Rete Imprese Italia sulla riforma del mercato del lavoro, attraverso un documento di proposte che sono oggetto della trattativa in corso con il ministro del Lavoro Elsa Fornero.
Gli elementi indicati vanno a scandagliare i vari aspetti del welfare, individuando per ognuno criticità e possibili correttivi.
Si va dagli ammortizzatori sociali agli incentivi ed alla flessibilità, dall’apprendistato ai contratti a tempo determinato, di inserimento ed a tempo parziale e a progetto, dal lavoro a chiamata fino ai voucher e all’articolo 18.
«Il documento – sottolinea Luca Crosetto componente della Giunta nazionale di Confartigianato – è il risultato di un’attenta riflessione avviata all’interno di Rete Imprese Italia per offrire al Ministro una visione esaustiva delle necessità delle PMI sul tema del Lavoro. Crediamo sia necessario ragionare in modo corale sul sistema occupazionale andando ad individuare le criticità dell’esistente e su queste intervenire in modo risolutivo. L’attuale assetto del mercato del lavoro rappresenta il frutto di una lunga e significativa esperienza nella quale la contrattazione collettiva ha svolto e svolge un ruolo rilevante che ha determinato e determina un quadro di equilibrio di diritti e tutele. Riformulare il welfare non significa necessariamente fare tabula rasa, ma attualizzare il presente alla luce delle nuove dinamiche del mercato».
Tra le analisi effettuate da Rete Imprese Italia, emerge l’approfondimento circa l’applicazione degli ammortizzatori sociali.
Nel documento si evidenzia come la riforma del sistema degli ammortizzatori sociali debba necessariamente muovere da un quadro chiaro della situazione in essere, sia rispetto alle risorse sia rispetto alle quantità e modalità di utilizzo nei diversi settori.
Da alcune valutazioni sull’uso degli strumenti vigenti nei diversi comparti economici e dei corrispondenti rapporti tra entrate/uscite, comprese tutte le “voci contributive” che finanziano le prestazioni temporanee, emergono le seguenti evidenze e necessità di intervento:
- riduzione delle tariffe INAIL delle gestioni terziario e artigianato in forte avanzo da molti anni: dal 2002 al 2011 l’avanzo della gestione industriale – che nell’ultimo biennio è andata in deficit – è stato pari a 500 milioni di euro, mentre il terziario ha fatto registrare un avanzo di 9.378 milioni di euro e l’artigianato di 10.333 milioni di euro;
- dalla serie storica dei risultati di bilancio del comparto “prestazioni temporanee”dell’INPS si registra un avanzo strutturale tra contribuzioni versate e prestazioni effettivamente erogate. I più recenti dati sull’utilizzo degli strumenti di integrazione salariale confermano un forte sbilanciamento tra settori economici e la conseguente necessità di un uso ottimale delle risorse che può derivare da una razionalizzazione dei modelli e della spesa. Emblematico il caso della malattia: dai dati dei bilanci INPS della gestione malattia si registra un avanzo strutturale annuo, generato prevalentemente dai comparti del terziario e dell’artigianato. Prendendo ad esempio l’anno 2008, nel totale dei settori si hanno oltre 4 miliardi di entrate, meno di 2 miliardi di uscite, con un avanzo generale di 2,4 miliardi di euro, di cui il 75,6% generato dai nostri settori;
- osservando l’andamento della Cassa Integrazione Guadagni per tipo di intervento e ramo, nel periodo pre-crisi (2005-2007) il totale degli interventi dei settori Commercio e Artigianato è stato pari al 3,8% del totale, a fronte di un utilizzo del 78,1% dell’Industria. Nel periodo 2005-2011 la quota di utilizzo dei nostri settori è stata pari al 14,8%, nonostante il periodo di crisi eccezionale mentre nell’Industria il 75,3%; bisogna inoltre sfatare il luogo comune per cui la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga è utilizzata solo dalle PMI del commercio e dell’artigianato. La CIGD nel periodo 2005-2011 è stata utilizzata dall’Industria per circa il 39% del totale nonostante l’utilizzo delle integrazioni salariali ordinarie e straordinarie;
- facendo una sintesi elaborata sui dati INPS rispetto al complesso di tutti gli ammortizzatori sociali nel periodo 2008-2010 si registra un disavanzo complessivo pari a 27,3 miliardi di euro, comprese le coperture figurative ai fini pensionistici. Tale disavanzo è composto per un terzo da importi finanziari su misure di cui non beneficiano i nostri settori; per la restante quota, i settori del terziario e dell’artigianato pesano meno del 50% del disavanzo.
«Ipotizzare – aggiunge Crosetto – un modello teorico completamente avulso da risorse e dati concreti non è corretto. Uno strumento unico di “Cassa” per tutti i settori non risponde alle esigenze dei diversi comparti economici, anzi può rivelarsi inutile ed addirittura dannoso. Sono fondamentali anche i temi delle causali di intervento e delle sospensioni che sono diverse da settore a settore. Proprio le peculiari esigenze dei settori hanno realizzato alcune positive esperienze per il sostegno al reddito dei lavoratori durante i periodi di crisi aziendale con sospensione dell’attività produttiva. Ad esempio i lavoratori del comparto dell’Artigianato hanno avuto accesso a strumenti di natura contrattuale gestiti dalla bilateralità, in assenza di ammortizzatori sociali ordinari, sulla base di un sistema che ha oltre 40 anni di storia».
«Il mercato del lavoro – sottolinea Domenico Massimino, presidente di Confartigianato Imprese Cuneo – non può essere considerato una “scatola chiusa”. È sempre collegato allo sviluppo dell’economia del Paese e dell’Europa, il che significa far confluire le riforme del lavoro nel più ampio progetto di rimodulazione dei processi di liberalizzazione, che incidono profondamente sulla vita delle imprese. L’obiettivo della riforma del lavoro deve essere la crescita dell’occupazione ma tale obiettivo non si realizza attraverso l’irrigidimento delle regole e l’incremento dei relativi costi. Il mercato del lavoro italiano non è duale (stabili e precari) ma ha una terza dimensione che è quella del lavoro sommerso per cui eliminare o sterilizzare forme contrattuali, progettate per contrastare il lavoro nero, potrebbe avere l’effetto di accrescere il sommerso. C’è bisogno invece, di maggiore attenzione da parte delle politiche governative per tutto il mondo del lavoro autonomo e dell’impresa diffusa che contribuisce in maniera rilevante all’occupazione del Paese e alla produzione di ricchezza».