VENEZIA – Oltre 25 miliardi di tagli dal 2011 ad oggi da parte dei governi a Regioni ed enti locali: a dirlo la Cgia di Mestre. Se nelle casse dei sindaci la sforbiciata raggiunge quest’anno gli 8,3 miliardi di euro, alle Regioni a Statuto ordinario la quota dei mancati trasferimenti si è stabilizzata sui 9,7 miliardi, mentre per quelle a Statuto speciale la contrazione ha raggiunto i 3,3 miliardi. Anche per le Province, che sono ormai in via di estinzione, la riduzione dei trasferimenti è stata di 3,7 miliardi.
“Una cifra imponente – dichiara il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – che, in buona parte, sindaci e governatori hanno compensato aumentando le tasse locali e tagliando i servizi alla cittadinanza. Grazie a questi tagli, lo Stato centrale si è dimostrato sobrio e virtuoso, scaricando il problema sugli amministratori locali che, obtorto collo, hanno agito sulla leva fiscale. Morale: la minor spesa pubblica a livello centrale è stata pagata in gran parte dai cittadini e dalle attività produttive che hanno subito un fortissimo aumento delle tasse locali. Il passaggio dall’Ici all’Imu/Tasi, ad esempio, ha incrementato il peso fiscale sui capannoni mediamente dell’80%, con una punta massima di oltre il 160% per quelli ubicati nel Comune di Milano”.
I dati, elaborati dall’Ufficio studi della Cgia, si riferiscono al quinquennio 2011-15: l’importo di ogni anno corrisponde ai tagli previsti rispetto al 2010. Anno, quest’ultimo, in cui il governo Berlusconi ha approvato il decreto legge n. 78 che ha dato inizio alla stagione del rigore e dell’austerità dei nostri conti pubblici.
L’ennesima rasoiata, conclude la Cgia, dovrebbe essere definita questa settimana col nuovo Documento di economia e finanza. “I sindaci, in particolar modo, hanno ragione a protestare. Sono diventati i nuovi gabellieri – conclude Bortolussi - con sempre meno risorse a disposizione non hanno vie d’uscita. Anche la tanto sbandierata local tax rischia di diventare l’ennesimo obolo che magari ridurrà il numero delle tasse locali, ma non l’importo che famiglie e imprese saranno chiamate a pagare”. (ANSA)