Il 17% degli italiani lo usa, terzultimi dopo romeni (5%) e bulgari (9%)
BRUXELLES – Cresce l’e-commerce in Europa, con una quota di consumatori che passa dal 20% del 2004 al 45% (media Ue) del 2012. Ma i dati rivelano profonde differenze tra i Paesi del nord e quelli meridionali e dell’est. Se infatti il 74% degli svedesi e il 73% dei danesi e britannici nel 2012 ha comprato on-line, in Italia la percentuale scende drasticamente al 17%, terzo posto in negativo della graduatoria dopo Romania (5%) e Bulgaria (9%). Emerge dal “Quadro di valutazione 2013″, pubblicata dalla Commissione.
Tuttavia si sottolinea come proprio alcuni Paesi dell’Europa meridionale e dell’est abbiano visto la crescita relativa più veloce dell’e-commerce tra il 2008 ed il 2012 (più del 100% in Lituania, Croazia, Bulgaria, Cipro ed Estonia). In linea con le stime, secondo le quali proprio questi mercati vedranno un boom del commercio on-line nei prossimi anni. Tuttavia, in termini assoluti, la principale crescita è stata rilevata in Belgio, Slovacchia, Malta e Svezia. D’altra parte anche la percentuale delle imprese che decidono di dedicarsi all’e-commerce varia molto da Paese a Paese. Fanalini di coda sono di nuovo Romania (5%), Italia (6%), e Bulgaria (7%) mentre a guidare la classifica sono Danimarca (29%), Svezia e Croatia (27%), mentre la media Ue è del 16%.
Intanto i consumatori preferiscono acquistare da rivenditori on-line del proprio Paese (41%). Solo l’11% si rivolge a quelli di altri Stati membri Ue. Per questo l’obiettivo dell’Agenda digitale di Bruxelles che punta ad un 20% della popolazione che compra da e-shops fuori dai confini domestici, è stato spostato dal 2015 al 2020. I principali ostacoli sono le consegne e le forme di pagamento. Tuttavia ci sono eccezioni. In Lussemburgo, Malta e Cipro si fanno più acquisti e-commerce transfrontalieri che nazionali e anche in Finlandia (30%), Danimarca (29%), Irlanda (28%) e Belgio (25%) sono diffusi.
Negli negli ultimi dodici mesi il 54% della popolazione Ue ha fatto acquisti su Internet, nei settori di abbigliamento e articoli sportivi, e servizi di viaggio e turismo. Mentre gli articoli meno gettonati risultano medicine (10%), servizi finanziari e assicurazioni (12%) e alimentari (15%). (ANSA)