L’Italia è profondamente divisa sul fronte dei costi e dell’efficienza dei servizi sanitari. Lo conferma una rilevazione di Confartigianato secondo la quale la malasanità pesa soprattutto sulle tasche degli imprenditori costretti a finanziare con tasse sempre più alte la cattiva gestione dei conti regionali.
Tra il 2006 e il 2014 il Sistema Sanitario Nazionale ha totalizzato perdite per 35 miliardi, con una media di 3,9 miliardi l’anno.
I più penalizzati sono cittadini e imprenditori di 8 Regioni con Piani di rientro del deficit sanitario (Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sicilia, Piemonte, Puglia) che, per risanare le gestioni ‘in rosso’, subiscono un maggior prelievo fiscale di 1,8 miliardi, pari a 61 euro in più per abitante, rispetto alle Regioni con i conti sanitari in ordine.
Il conto più salato lo pagano le micro imprese delle 6 Regioni sotto Piano di rientro del deficit a pieno regime che, tra Irap e addizionale regionale Irpef (i due tributi locali che finanziano il servizio sanitario), devono sborsare in media 6.889 euro l’anno, vale a dire il 20,9% in più rispetto ai 5.700 euro di tasse versate dai piccoli imprenditori nelle Regioni più virtuose, vale a dire le Regioni non autonome che non sono sotto Piano di rientro.
La batosta maggiore la ricevono le microimprese della Campania che, tra Irap e addizionale regionale Irpef, versano in media 7.224 euro l’anno. A breve distanza seguono i piccoli imprenditori della Calabria con 7.145 euro, del Molise (7.047 euro), del Lazio (6.798 euro), dell’Abruzzo (6.637 euro), della Sicilia (6.515 euro), delle Marche (6.027 euro), del Piemonte (6.009 euro).
“Gli imprenditori pagano 3 volte il conto della malasanità”. Il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti punta il dito contro la cattiva gestione dei servizi sanitari che finisce per scaricarsi sulle spalle delle imprese con aumenti continui di dei tributi per finanziare il SSN, vale a dire l’Irap e l’addizionale regionale Irpef. “In molte regioni italiane – sostiene Merletti – la malasanità pubblica colpisce 3 volte gli imprenditori: da contribuenti devono pagare maggiori tasse per risanare i bilanci in rosso della sanità, da pazienti subiscono le inefficienze dei servizi e devono sborsare altri soldi per ricorrere alle prestazioni di altre regioni o per ottenere cure dignitose dal privato”.
Come se non bastasse, anche i ticket pagati dai cittadini, che ammontano complessivamente a 3 miliardi e sono aumentati del 33% tra il 2010 e il 2014, sono più alti nelle 8 Regioni ‘in rosso’: Confartigianato ha calcolato che pesano per il 10,1% sulla spesa sanitaria delle famiglie, rispetto alla quota dell’8,9% rilevata nelle Regioni con i conti della sanità sotto controllo.
Ma quel che è peggio, è che proprio dove la sanità costa di più si registra la qualità peggiore dei servizi: nelle 8 regioni con piano di rientro del deficit la quota di utenti insoddisfatti è pari, in media, al 19,7%, ben superiore rispetto alla quota media nazionale del 15,8% e al 12,4% registrato nelle Regioni con i conti sanitari in ordine. Al primo posto nella classifica delle regioni con il peggiore giudizio sulla qualità dei servizi sanitari vi è la Puglia (24,8% degli utenti insoddisfatti), seguita da Campania (24,4%), Sicilia (23,2%), Lazio (18,6%), Sardegna e Marche a pari merito (17,9%), Basilicata (17,5%).