“Il Codice degli appalti pubblici pubblicato in Gazzetta Ufficiale recepisce alcune sollecitazioni avanzate da Confartigianato per consentire agli artigiani e alle micro e piccole imprese di cogliere le opportunità del mercato degli appalti pubblici. Ma non basta: rimane infatti da recuperare un enorme gap che discrimina la partecipazione delle Pmi italiane alle gare d’appalto”.
E’ un giudizio in chiaroscuro quello espresso dal Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti sul nuovo Codice degli appalti che, nella sua versione definitiva, ha corretto alcuni aspetti penalizzanti nei confronti delle piccole imprese. In particolare, Merletti apprezza l’obbligo, da parte della stazione appaltante, del pagamento diretto dei subappaltatori alle microimprese; la suddivisione in lotti di lavorazione o prestazionali per garantire alle micro e piccole imprese l’effettiva possibilità di partecipare agli appalti; la restituzione alle imprese della libertà di scelta del contratto da applicare; l’anticipazione del prezzo pari al 20%, pur subordinata ad una fideiussione”.
“Ma non ci accontentiamo – aggiunge Merletti – dei principi indicati nel nuovo Codice. C’è molto da recuperare, perchè la realtà, purtroppo, è quella indicata dal Professor Gustavo Piga, ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata: in Europa le Pmi generano il 58% della ricchezza nazionale, ma vincono soltanto il 29% delle gare d’appalto, con un indice di discriminazione del 29% nelle gare d’appalto europee. In Italia, il Paese delle Pmi, questa discriminazione è massima, e raggiunge il 47%”.
“Per colmare questo gap – sostiene Merletti – occorre vigilare sull’attuazione del Codice con un meccanismo che garantisca alle piccole imprese l’effettiva partecipazione alle gare. Nulla di strano o eccezionale, visto che negli Stati Uniti è una prassi consolidata e che l’Europa non lo vieta. E soprattutto mi auguro che il Governo dia un segnale chiaro di attenzione alle piccole imprese, presentando finalmente alle Camere il disegno di legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro, piccole e medie imprese, previsto dallo Statuto delle imprese. Altrimenti saremmo autorizzati a pensare che il premier Renzi condivide il giudizio espresso oggi sul ‘Corriere della Sera’ da Francesco Giavazzi e Alberto Alesina che hanno così scarsa stima e conoscenza delle piccole imprese italiane da sbagliare addirittura il loro peso percentuale sul totale delle aziende italiane, riducendolo dal 95%, certificato dall’Istat, ad un improbabile 45%”.