PARIGI – “La mancata ripresa dalla recessione sta portando il reddito pro capite dell’Italia a scendere ancora più in basso rispetto alle principali economie dell’Ocse”. Lo scrive l’organizzazione stimando che il Pil pro capite italiano nel 2013 era inferiore del 30% rispetto alla media dei primi 17 Paesi Ocse. Il gap è cresciuto: nel 2007 era del 22,7%.
In questa fase di limitato margine delle politiche macroeconomiche, “è importante che l’agenda delle riforme strutturali metta più attenzione su quelle riforme che oltre ad accrescere la produttività e la creazione di posti di lavoro nel medio termine sappiano sostenere la domanda nel breve termine”. Lo scrive la capo economista dell’Ocse, Catherine Mann, nel rapporto annuale ‘Going for Growth’.
Se il passo di queste riforme dovesse rallentare troppo, aggiunge, “c’è il rischio che si sviluppi un circolo vizioso, in cui la domanda debole mina alla base la crescita potenziale, prospettiva che deprime ancora di più la domanda, dato che sia gli investitori sia i consumatori diventano ostili al rischio e preferiscono risparmiare”. L’Italia deve ancora fare passi avanti sulle privatizzazioni, che “non hanno raggiunto gli obiettivi fissati” negli anni scorsi, e implementare con più efficacia le riforme per la riduzione delle “barriere alla concorrenza”.
In particolare, sottolinea l’organizzazione parigina, occorre “eliminare i legami di proprietà tra i governi locali e i fornitori di servizi, migliorare gli incentivi all’efficienza della giustizia civile, e snellire ulteriormente le procedure di bancarotta per ridurre durata e costo”. Inoltre, rimarca l’Ocse, “un numero significativo di decreti attuativi” per le riforme di “deregulation abbastanza estesa” approvate tra il 2011 e il 2012 “devono ancora essere emanati”. L’Italia deve “migliorare l’efficienza della struttura fiscale”, perché “il peso delle tasse per i lavoratori a basso salario è alto, il codice fiscale è troppo complicato e l’evasione è alta”.
Al nostro Paese viene raccomandato, in particolare, di ridurre “le distorsioni e gli incentivi a evadere, riducendo i tassi di imposizione nominali elevati e abolendo molte spese fiscali”, e “l’instabilità della legislazione, anche evitando misure temporanee”. Inoltre, secondo l’Ocse l’Italia dovrebbe “continuare a ridurre la tassazione del lavoro, quando la situazione di bilancio lo permette, puntando a incoraggiare domande e offerta di lavoro”. Andando avanti con le riforme strutturali intraprese dopo la crisi, e concentrandosi sulle “migliori pratiche esistenti” i Paesi Ocse potrebbero “ottenere un aumento fino al 10% del livello di Pil pro capite a lungo termine”. Lo scrive sempre l’Ocse precisando che “questo aumento corrisponde ad un incremento medio di circa 3.000 dollari pro capite”
L’Italia deve impegnarsi a “spostare la protezione dai posti di lavoro al reddito dei lavoratori”, ovvero “continuare a ridurre il dualismo del mercato del lavoro con assunzioni e licenziamenti più flessibili e procedure legali più prevedibili e meno costose, con il supporto di una rete di sicurezza sociale più onnicomprensiva e uno sviluppo delle politiche attive sul lavoro.I governi dovrebbero dare la priorità misure a favore della crescita che aiutino a promuovere uguaglianza e inclusione”, in particolare “rimuovendo gli ostacoli a una maggiore occupazione e partecipazione nel mercato del lavoro dei gruppi sottorappresentati, quali le donne, i giovani, i lavoratori scarsamente qualificati e quelli anziani” ed auspicando una crescita “più inclusiva”. (ANSA)