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Ocse: frena su Pil Italia, +0,5% nel 2014, +1,1% nel 2015

 

Alvaro Pereira

 

PARIGI – L’Ocse rivede lievemente al ribasso le sue stime di crescita per il Pil italiano rispetto alle previsioni del novembre scorso, da +0,6% a +0,5%. Per il 2015 è previsto un +1,1%, grazie alla spinta data dal “ritorno della fiducia” e dai “moderati tagli alle tasse”. In Italia, “il rapporto tra debito e Pil non comincerà a scendere prima del 2016″. Lo scrive l’Ocse, prevedendo un debito al 134,3% nel 2014 e al 134,5% nel 2015. Ciò rende il Paese “ancora vulnerabile a potenziali scossoni” dei mercati, ed è quindi “essenziale continuare con la cautela sui conti pubblici basata sulla riduzione della spesa”. “Il credito bancario (in Italia) ha mostrato i primi segni di ripresa all’inizio del 2014, dopo essere calato per due anni”, e in generale per l’anno in corso “le condizioni creditizie miglioreranno un po’”. Lo scrive sempre l’Ocse nel suo Economic Outlook, precisando che però “questo sosterrà una ripresa dell’investimento solo graduale”.

In Italia, “la disoccupazione scenderà nel 2015, ma solo lentamente, perché il primo impatto dell’aumento della domanda di lavoro saranno probabilmente più ore lavorate”. Nel suo rapporto l’Ocse prevede una percentuale di senza lavoro al 12,8% nel 2014, dopo il 12,2% dell’anno scorso, e al 12,5% nel 2015. “La lenta ripresa dalla recessione continuerà durante il 2104 e la crescita aumenterà un po’ di più nel 2015. Il ritorno della fiducia aiuterà sia i consumi sia gli investimenti, con un’ulteriore spinta dai moderati tagli alle tasse che aumenteranno il reddito delle famiglie”. Sul fronte del deficit invece, scrive ancora l’Ocse, “il governo italiano ha avuto successo nel portare avanti il consolidamento di bilancio nel 2013″. Ciononostante, “il livello del deficit non è sceso, a causa dell’attività economica debole”. Il rapporto deficit/Pil è così rimasto al 2,8% l’anno scorso, e scenderà secondo le stime dell’organizzazione al 2,7% quest’anno e al 2,1% l’anno prossimo.

Nell’area euro “la crescita si è ripresa un po’ più in fretta del previsto e la fiducia continua a migliorare”, ma “la ripresa guadagnerà slancio solo lentamente”. L’Ocse prevede per l’area una crescita complessiva dell’1,2% per il 2014, 0,1 punti percentuali meglio delle stime di sei mesi fa, e dell’1,7% nel 2015. “La previsione a breve termine per l’attività economica globale e il commercio mondiale è di un graduale rafforzamento nel corso di quest’anno e del 2015″, grazie in particolare alle economie avanzate che “stanno finalmente guadagnando slancio”, e i rischi “sono in generale meglio bilanciati, anche se ancora tendenti verso il basso”, spiega l’organizzazione parigina, prevedendo per il Pil complessivo dei suoi 34 Paesi membri un +2,2% nel 2014 e un +2,8% nel 2015.

La disoccupazione nell’area rimane “inaccettabilmente alta”, ma “la situazione del mercato del lavoro sta migliorando nella maggior parte delle economie, e ha smesso di deteriorarsi in tutte le economie avanzate”, aggiunge l’organizzazione, spiegando che per l’area prevede un tasso di senza lavoro al 7,5% nel 2014 e 7,2% nel 2015. Per l’eurozona, in particolare, si prevede un calo della disoccupazione di “poco più di mezzo punto nei prossimi 18 mesi”, con una stima all’11,7% nel 2014 e 11,4% nel 2015. L’Ocse fa appello alla Bce perché “prenda nuove misure di politica monetaria per riportare l’inflazione vicino al target in modo più deciso, e resti pronta per ulteriore stimolo non convenzionale”, e auspica che il tasso d’interesse principale sia portato a zero. In particolare, dice l’Ocse, “il principale tasso di riferimento dovrebbe essere ridotto a zero, e quello di deposito, se possibile, a un livello leggermente negativo, e dovrebbero essere mantenuti a questo livello almeno fino a fine 2015.

Inoltre, scrive sempre l’organizzazione parigina, “misure non convenzionali addizionali saranno necessarie se l’inflazione non mostrerà chiari segni di un ritorno verso l’obiettivo della Bce o, a maggior ragione, se uno scenario deflazionistico minacciasse di realizzarsi”. Tra queste misure ci potrebbero essere “la fine della sterilizzazione del Securities markets programme (programma di intervento sui mercati obbligazionari secondari, ndr.), e la fornitura di finanziamenti attraverso nuovi Ltro su scadenze più lunghe, se possibile a tassi costanti e vicini allo zero”. Ma anche “l’acquisto di bond sovrani, o programmi per sostenere il credito bancario al settore privato non finanziario”. Secondo le stime dell’Economic Outlook l’inflazione nell’eurozona scenderà a 0,7% nel 2014 (con un picco negativo a 0,6% nel terzo trimestre) e risalirà a 1,1% nel 2015.

Per l’area euro, “visto il permanere delle fragilità finanziarie, è urgente migliorare la salute del settore bancario, completare l’implementazione di un’unione bancaria totalmente operativa e sostenere lo slancio di riforma”, scrive poi l’Ocse, secondo cui in particolare “il deleveraging e le ricapitalizzazioni non sono ancora complete e gli asset deteriorati stanno ancora aumentando”. In un contesto di scarsità di credito, il programma di pagamento del debito della pubblica amministrazione verso le imprese può essere un fattore importante di stimolo degli investimenti, quindi dell’occupazione e della crescita. “Uno dei maggiori effetti negativi della crisi è stata la contrazione del credito, soprattutto per le piccole e medie imprese, cosa che è diventata una delle principali cause dell’ampio aumento della disoccupazione – ha spiegato in un briefing l’economista Alvaro Pereira, responsabile del dipartimento studi nazionali dell’organizzazione – in questo contesto, ciò che i governi possono fare, quando ne hanno i mezzi, è pagare i loro debiti con le aziende, in particolare le più piccole, e fornire così loro un po’ di capitale, che consenta di fare investimenti e creare posti di lavoro”. (ANSA)

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