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Ocse: Pil 2013 Italia -0,9%, unico negativo nel G20

 

PARIGI – L’Italia è l’unico Paese del G20 che nel 2013 ha fatto registrare un tasso di crescita negativo, con un Pil in contrazione dello 0,9%. Lo riferisce l’Ocse nelle consuete statistiche trimestrali. Il nostro Paese è anche quello che tra i 20 grandi è cresciuto meno nel quarto trimestre del 2013, con un Pil in aumento di appena lo 0,1%.

         L’Ocse scrive che ”l’Italia era arrivata alla crisi finanziaria “con un sistema di previdenza sociale scarsamente preparato” al boom di povertà e disoccupazione, ma “le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro e l’estensione del sistema di previdenza sociale rappresentano degli importanti passi nella giusta direzione”. Con il sistema attuale, scrive l’organizzazione parigina, “meno di 4 disoccupati su 10 ricevono un sussidio”, e l’Italia è la sola in Europa insieme alla Grecia non avere “un comprensivo sistema nazionale di sussidi a basso reddito”. C’è quindi il rischio che “le difficoltà economiche e le disuguaglianze diventino radicate nella società”. Uno degli effetti di questa “mancanza di un efficace sistema di previdenza sociale”. dice ancora l’Ocse, si riscontra nella distribuzione della perdita di reddito tra le diverse fasce della popolazione. Tra il 2007 e il 2010, il 10% più povero ha perso in media il 6% all’anno del proprio reddito disponibile, mentre il 10% più ricco ha perso solo l’1%.

Tra il 2012 e il 2013 il 15% degli adulti in Italia vive in una famiglia che non percepisce alcun reddito da lavoro. Lo riferisce sempre l’Ocse nel suo rapporto annuale sugli indicatori sociali, sottolineando che nel 2007 la percentuale era al 12,4%. Il nostro Paese è il quartultimo dell’area Ocse per tasso di occupazione, con il 55,5%. Peggio fanno solo Spagna (54,3%), Turchia (49,7%) e Grecia (49,2%).

Il reddito annuale della famiglia media italiana è calato di 2.400 euro tra il 2007 e il 2012, quasi il doppio della media della zona euro (1.100 euro) e la perdita di reddito è legata al ”deterioramento del mercato del lavoro,soprattutto per i giovani”. Oltre alle difficoltà del lavoro per i giovani ad avere un impatto importante sulla vita delle persone e’ anche la “debole protezione per chi ha problemi lavorativi”: nel 2011, il 13,2% ha dichiarato di non potersi permettere di comprare cibo a sufficienza (contro il 9,5% nel 2007) e il 7,2% di aver rinunciato a far ricorso a delle cure mediche per motivi economici.

Tra il 2007 e il 2010, il tasso di povertà tra i giovani (18-25 anni) in Italia è aumentato di tre punti percentuali, arrivando al 15,4%, e quello degli under 18 di 2 punti percentuali al 17,8%. Lo riporta sempre l’Ocse nel suo rapporto annuale. Giovani e giovanissimi sono così diventati le fasce d’età con il tasso di povertà più elevato, davanti ai quarantenni (13,4%) e agli over 75 (11,7%). Un trend che, secondo gli esperti Ocse, si sta confermando anche per gli anni successivi.

La percentuale di giovani italiani che sono disoccupati o inattivi, e non sono ne’ in educazione ne’ in formazione (i cosiddetti ‘Neet’) è aumentata di 5 punti tra il 2007 e il 2012, arrivando al 21,1%. Lo riporta l’Ocse. Il dato italiano è il terzo più elevato tra i Paesi aderenti all’organizzazione, dopo Turchia (26,7%) e Grecia (27,3%). (ANSA)

 

 

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