I conti nazionali pubblicati la scorsa settimana dall’Istat forniscono un pesante bilancio dei primi sei mesi del 2020, quattro dei quali segnati dall’emergenza sanitaria. Nei primi sei mesi dell’anno il PIL si è ridotto dell’11,7% rispetto allo stesso periodo del 2019, una perdita di 94,1 miliardi di euro, pari a 520 milioni in meno al giorno. Il relazione al valore aggiunto settoriale la manifattura registra il più ampio calo, con il valore aggiunto sceso del 18,8% rispetto ad un anno prima. Pesante calo anche per le costruzioni (-16,3%) mentre è risultata meno ampia la flessione per i servizi (-9,8%). Sul lato delle componenti della domanda, a fronte di un calo dell’11,9% della spesa delle famiglie, cedono del 14,7% gli investimenti e crollano del 20,4% le esportazioni. Sul mercato del lavoro – come evidenziato in una nostra recente analisi – tra febbraio a luglio 2020 il livello dell’occupazione è sceso di 471 mila unità, pari al 2% in meno. Come per precedenti recessioni, la crisi in atto sta colpendo più duramente i giovani, con gli occupati fino a 35 anni che risultano in calo del 7,3%, pari ad una diminuzione di 375 mila unità. La finanza pubblica è sottoposta ad un elevato stress, a seguito della successione di interventi espansivi anticiclici che ammontano a circa 100 miliardi di euro e che attenueranno la recessione del 2020 per 2,5 punti di PIL.
Per il terzo trimestre del 2020 è atteso un rimbalzo del ciclo economico, di intensità ancora incerta. Dall’esame delle ultime rilevazioni disponibili, si registrano segnali positivi da dodici indicatori congiunturali. La produzione, il fatturato e gli ordinativi nella manifattura, le vendite al dettaglio, le importazioni e le esportazioni risultano in aumento sia a maggio che a giugno. La produzione delle costruzioni è in positivo nell’ultima rilevazione di maggio. Ad agosto torna in territorio positivo il clima di fiducia dei consumatori, mentre il sentiment delle imprese è in marcato recupero tra giugno e agosto.
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